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altL’Anfiteatro romano di Catania,

di cui è visibile oggi una piccola sezione in piazza Stesicoro, venne costruito nel II secolo ai margini settentrionali della città antica, a ridosso della collina Montevergine che ospitava il nucleo principale dell’abitato. La zona che oggi fa parte del centro storico della città in passato era quella delle antiche necropoli.

Storia

Il monumento fu costruito nel II secolo, la data precisa è incerta, ma il tipo di architettura fa propendere per l’ epoca tra gli imperatori Adriano e Antonino Pio. Fu raggiunto dalla lava del 252-253 ma non distrutto. Nel V secolo Teodorico re degli Ostrogoti lo utilizzò quale cava di materiale da costruzione per la edificazione di edifici in muratura e, successivamente nell’XI secolo, anche Ruggero II di Sicilia ne trasse ulteriori strutture e materiali per la costruzione della Cattedrale di Sant’Agata, sulle cui absidi si riconoscono ancora le sue pietre perfettamente tagliate usate, forse, anche nel Castello Ursino in età Federiciana. Nel XIII secolo, secondo la tradizione, furono adoperati i suoi vomitoria (gli ingressi) da parte degli Angioini per accedere nella città durante la cosiddetta Guerra dei Vespri. Nel secolo successivo gli ingressi furono murati e il rudere venne inglobato nella rete di fortificazioni Aragonese (1302). Una messa in sicurezza del rudere si ebbe con il piano di costruzione delle mura di città nel 1550; venne abbattuto il primo e il secondo piano e con le sue stesse macerie avvenne il riempimento delle gallerie. Dopo il terremoto del 1693, fu definitivamente sepolto per poi essere trasformato in piazza d’armi. In seguito vennero costruite sopra la copertura nuove case e la Chiesa di San Biagio (detta ‘A Carcaredda, cioè la fornace).

altRiscoperta

Nel XVIII secolo il principe di Biscari, per fugare ogni possibile dubbio sulla sua reale esistenza a Catania nel passato, che alcuni visitatori stranieri avevano decisamente negato, impiegò consistenti somme del suo denaro per eseguire degli scavi e, in due anni, ne portò a giorno un intero corridoio e quattro grandi archi della galleria esterna. Nel XIX secolo gli scavi erano ancora visitabili dall’ingresso su Via del Colosseo, che il popolino chiamava – e chiama tutt’ora – Catania Vecchia e su di essi si ricamava ogni tipo di leggenda. Tra tutte quella di una scolaresca che, insinuatasi nelle strutture per una visita, non ne era più uscita. Nel 1904, durante l’amministrazione De Felice si iniziarono i lavori per riportarlo alla luce, ad opera dell’architetto Filadelfo Fichera, questi vennero conclusi due anni più tardi. Nel 1907 si svolse la cerimonia di apertura, a cui fu presente anche il re Vittorio Emanuele III. In seguito, già nel primo dopoguerra, l’Anfiteatro venne lasciato decadere nuovamente al punto che molti edifici soprastanti ne usarono i cunicoli come fognatura. Nel 1943 durante il bombardamento degli Alleati che ridusse parte della città in cumuli di macerie, la struttura venne adoperata a guisa di rifugio. In seguito è stato un alternarsi di interesse e abbandono; per molti anni, nei suoi cunicoli sotterranei, è rimasto chiuso per generici problemi di sicurezza a seguito di presunti episodi tragici legati alla curiosità di visitatori che provavano ad esplorarli. Ristrutturato nel 1997, è stato aperto solo durante la stagione estiva e poi richiuso per infiltrazioni di reflui delle fognature delle case limitrofe all’interno dell’anfiteatro. Parzialmente risanato, nel luglio 1999 è stato riaperto al pubblico. Nel corso degli ultimi anni ha subìto ancora chiusure e riaperture; tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008 sono stati effettuati rilievi tecnici per appurare lo stato di conservazione delle strutture dei pilastri esterni. I suoi resti, rappresentanti meno di un quarto dell’intero anfiteatro, sono visitabili dall’ingresso di piazza Stesicoro e dal vico Anfiteatro dove se ne vede l’altezza fino a parte del terzo piano. Fino al 2007 era possibile vederne una porzione del secondo piano da Via del Colosseo, oggi interamente coperto dal nuovo terrazzo di Villa Cerami. In quest’ultimo edificio, sede oggi della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Catania, è ancora possibile vedere parte del sistema d’archi che collegava l’Anfiteatro alla collina Montevergine (probabilmente l’antica acropoli della città). La restante parte dell’anfiteatro è ancora interrata sotto le zone di Via Neve, Via Manzoni e Via Penninello.

Struttura

L’edificio presentava la pianta di forma ellittica, l’arena misurava un diametro maggiore di 70 m ed uno minore di circa 50 m. I diametri esterni erano di 125 x 105 m, mentre la circonferenza esterna era di 309 metri e la circonferenza dell’Arena di 192 metri, e si è calcolato che poteva contenere 15.000 spettatori seduti e quasi il doppio di quella cifra con l’aggiunta di impalcature lignee per gli spettatori in piedi. Addossato alla vicina collina ne era separato da un corridoio con grandi archi e volte che facevano da sostegno per le gradinate. Era probabilmente prevista anche una copertura con grandi teli per il riparo dal forte sole o nel caso di pioggia. La cavea presentava 14 gradoni. Venne costruito con la pietra lavica dell’Etna ricoperta da marmi ed aveva trentadue ordini di posti. Vi si svolgevano anche le naumachie, vere battaglie navali con navi e combattenti dopo averlo riempito di acqua mediante l’antico acquedotto[4]. L’anfiteatro di Catania è strutturalmente il più complesso degli anfiteatri siciliani e il più grande in Sicilia. Appartiene al gruppo delle grandi fabbriche quali il Colosseo, l’anfiteatro di Capua, l’Arena di Verona. Presenta una struttura realizzata con muri radiali e volte non addossata al terreno, dove la facciata non si appoggia direttamente ai muri radiali, bensì a una galleria di distribuzione periferica. La tecnica edilizia prevede l’uso dell’opera vittata per le parti interne e quadrata per l’esterno. Le testate dei pilastri sono in opera quadrata con piccoli blocchi di pietra lavica. I paramenti denotano una certa trascuratezza: i blocchetti dell’opera quadrata sono a taglio irregolare e appaiono in buona parte di riporto. Gli archi sono realizzati esternamente con grossi mattoni rettangolari dal taglio regolare e uniti da malta di buona qualità, mentre internamente sono fatti in opera cementizia a grosse scaglie radiali. Singolare, nonostante la complessiva sobrietà dell’edificio, doveva apparire il contrasto cromatico tra la scurissima pietra lavica dei paramenti e il rosso dei mattoni delle ghiere degli archi. Una nota di prestigio era rappresentata dall’utilizzo del marmo, non solo per il rivestimento del podio, ma anche per alcune decorazioni come le erme ai lati dell’ingresso principale dell’arena. Molto probabilmente le gradinate dovevano essere in pietra calcarea realizzando un forte gioco cromatico tra il bianco dei sedili e il nero delle scalette, così come supponibile dalle costruzioni coeve.

altIngresso

Allo scavo dell’Anfiteatro si accede mediante una porta di ferro decorata ad archetti traforati nel registro superiore e totalmente liscio nel registro inferiore. A decorazione del portone metallico vennero recuperati nel 1906 alcuni frammenti di colonne marmoree che in origine dovevano costituire parte del loggiato superiore, due capitelli ionici frammentari e parte di un architrave su cui fu incisa la scritta AMPHITHEATRVM INSIGNE. L’ingresso è così formato: al centro il portone metallico i cui stipiti sono le colonne con capitello, coronato dall’architrave; le restanti due colonne sono situate nelle due estremità laterali e inserite tra queste e quelle centrali vi sono due pareti in pietra recanti le storie di due illustri personaggi di epoca Greca legati a questa zona (Caronda a sinistra, Stesicoro a destra).

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